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Una interessante pronunzia del Tribunale di Milano (Trib. Milano, Sez. VII Civ., 31 dicembre 2015, n. 14874, disponibile qui) affronta il tema dell’arbitrabilità delle controversie in materia di abuso di dipendenza economica.
La fattispecie decisa dal Tribunale di Milano, in sintesi e per quanto qui interessa, è la seguente.
Una società per azioni, che opera nel settore dell’avvolgimento protettivo dei bagagli in numerosi aeroporti, si è avvalsa, per prestare i suoi servizi, di una società cooperativa.
I rapporti tra le parti erano regolati solo talvolta con contratti scritti; e quando ciò avveniva, essi erano qualificati come associazione in partecipazione.
Nei primi mesi del 2012, la relazione tra le parti si è bruscamente interrotta: a seguito di reciproche doglianze, la società per azioni ha esercitato la facoltà di recesso che le era riconosciuta contrattualmente.
La società cooperativa l’ha quindi convenuta in giudizio, deducendo che la relazione tra le parti avrebbe dovuto essere qualificata come subfornitura industriale ai sensi della l. 18 giugno 1998, n. 192 e lamentando, in ogni caso, un abuso di dipendenza economica in suo danno ex art. 9 l. 192/1998 (in effetti, il divieto di abuso di dipendenza economica si applica in tutti i rapporti verticali tra imprese, e non soltanto a quelli di subfornitura, come osservato da Cass., SS.UU., 25 novembre 2011, n. 24906, disponibile qui).
La convenuta, oltre a difendersi nel merito, ha anche sollevato exceptio compromissi: nei contratti stipulati per iscritto dalle parti era contenuta una clausola compromissoria che prevedeva la devoluzione di ogni controversia inerente tali contratti al giudizio rituale e di diritto di un arbitro unico. Ciò avrebbe comportato, a dire della convenuta, la devoluzione al giudizio arbitrale anche delle azioni inerenti a una sua pretesa responsabilità extracontrattuale (ossia, par di comprendere, quella discendente da un eventuale abuso di dipendenza economica).
Il Tribunale di Milano ha accolto questa eccezione, seguendo però un percorso argomentativo diverso da quello indicato dalla convenuta – e a mio avviso più convincente.
Il giudice ha così rilevato che, “Indipendentemente dalla questione in ordine alla qualificabilità del contratto stipulato dalle parti – cui le stesse hanno attribuito il nomen iuris dell’associazione in partecipazione – come subfornitura, si rileva che in tale disciplina non si rinviene alcun divieto relativo alla compromettibilità in arbitri delle controversie inerenti tali contratti, né dalla stessa si evince una implicita incompatibilità con la previsione di una clausola compromissoria“. Anzi, la disciplina di cui all’art. 10 l. 192/1998 prevede proprio il ricorso ad un particolare arbitrato per la risoluzione delle controversie riguardanti il rapporto di subfornitura.
Sgombrato il campo da eventuali ipotesi di non compromettibilità, il Tribunale di Milano ha richiamato l’orientamento della Suprema Corte (la già citata Cass., SS.UU., 25 novembre 2011, n. 24906), secondo il quale la domanda di risarcimento danni fondata su un preteso abuso di dipendenza economica “rientra nell’ambito della responsabilità contrattuale e la relativa controversia va considerata come relativa al contratto; ciò in quanto l’abuso disciplinato da tale norma si concretizza nell’eccessivo squilibrio di diritti e obblighi tra le parti nell’ambito di “rapporti commerciali”, e presuppone quindi che tali rapporti siano regolati da un contratto“.
Il giudice statale ha quindi dichiarato la propria incompetenza a decidere le controversie relative ai contratti conclusi per iscritto tra le parti, in cui era contenuta una clausola compromissoria, limitando la sua cognizione ai soli rapporti non formalizzati.
Per quanto invece concerne le controversie devolute agli arbitri, sono previsti tre arbitrati amministrati: dalla Camera Arbitrale di Milano, da quella di Bergano e da quella di Roma. Sarebbe possibile concentrare tutte le domande in unico procedimento, ma ciò soltanto ove le parti siano d’accordo (penso ad esempio al meccanismo previsto dall’art. 1, co. 2, del Regolamento della Camera Arbitrale di Milano: “Al di fuori di quanto previsto dal comma 1 [ossia se non è richiamato nella clausola, n.d.s.], il Regolamento è applicato se ricorrono le seguenti condizioni: a. una parte deposita una domanda di arbitrato sottoscritta personalmente dalla parte stessa e contenente la proposta di ricorrere a un arbitrato disciplinato dal Regolamento; b. l’altra parte accetta tale proposta, con dichiarazione sottoscritta personalmente, entro il termine indicatole dalla Segreteria Generale“).