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Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto giurisprudenziale che si era formato in tema di impugnazione nel merito (ossia per violazione delle norme di diritto applicabili al merito della controversia) di un lodo reso sulla base di una clausola stipulata prima della riforma del 2006 (e che sul punto nulla dispone), ma in un procedimento promosso nel vigore della riforma.
Le pronunzie della Suprema Corte che mi appresto a commentare sono la n. 9284 (disponibile qui), n. 9285 (disponibile qui) e n. 9341 (disponibile qui), tutte del 9 maggio 2016.
Il tema su cui era sorto il contrasto giurisprudenziale risolto dalle Sezioni Unite, in sintesi, è il seguente.
Prima della riforma del 2006 (d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), ai sensi dell’art. 829, co. 2, cod. proc. civ., “L’impugnazione per nullità [era] (…) ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equità, o avessero dichiarato il lodo non impugnabile“.
Regola diametralmente opposta sul punto è quella contenuta nel vigente art. 829, co. 3, cod. proc. civ.: “L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. (…)“.
Cosa accade se viene impugnato un lodo pronunziato sulla base di una clausola compromissoria conclusa prima della riforma del 2006 in un procedimento promosso dopo l’entrata in vigore di quest’ultima (avvenuta il 2 marzo 2006)? Se andiamo a leggere le disposizioni transitorie del d.lgs. 40/2006, e in particolare il suo art. 27, apprendiamo che “Le disposizioni degli articoli 21, 22, 23, 24 e 25 si applicano ai procedimenti arbitrali, nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto“.
L’art. 24 d.lgs. 40/2006 ha modificato, tra le altre cose, l’art. 829 cod. proc. civ. Se ne deve dunque dedurre che il nuovo art. 829 cod. proc. civ., con i suoi limiti alle impugnazioni nel merito, si applichi all’impugnazione di lodi resi in procedimenti arbitrali promossi a far data dal 2 marzo 2006 (entrata in vigore della riforma), a prescindere dal momento di conclusione della clausola e dal contenuto della disciplina a quel tempo applicabile.
Questo in effetti è un primo orientamento della Cassazione, seguito anche da (una parte almeno della) giurisprudenza di merito. Ne ho parlato in questo post, commentando una pronunzia della Corte di Appello di Venezia.
Sennonché, si è formato nella giurisprudenza di legittimità un altro orientamento di segno opposto. Secondo questo orientamento, in poche parole, per evitare una applicazione retroattiva della nuova disciplina (in punto effetti del silenzio delle parti sulla possibilità di impugnare il lodo nel merito), si deve concludere che i lodi resi sulla base di una clausola conclusa prima della riforma del 2006 possano sempre essere impugnati per lamentare un error in judicando del Tribunale arbitrale (salvo ovviamente il caso di lodo non impugnabile in forza della clausola stessa o reso secondo equità). Di tutto ciò, ho parlato in questo post.
La questione, nel dicembre scorso, è quindi stata sottoposta alla Sezioni Unite: ne ho dato conto in questo post.
L’interpretazione elaborata dalle Sezioni Unite, accompagnata da una attenta e approfondita motivazione, rappresenta un vero e proprio uovo di Colombo.
Secondo il Supremo Collegio, infatti, non vi è dubbio che il nuovo testo dell’art. 829 cod. proc. civ. si applichi a tutti i procedimenti arbitrali iniziati dopo l’entrata in vigore della riforma (ossia dopo il 2 marzo 2006).
La disciplina previgente, però, è tutto fuorché irrilevante.
L’art. 829, co. 3, cod. proc. civ., infatti, dispone – come abbiamo visto – che “L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge. (…)“. Ebbene, secondo le Sezioni Unite la legge che deve essere esaminata per verificare se sia o no impugnabile un lodo per vizi riguardanti il merito della decisione è la legge vigente al momento della stipulazione della clausola compromissoria.
Un lodo pronunziato dopo la riforma sulla base di una clausola conclusa prima della riforma, pertanto, sarà impugnabile nel merito perché, al momento della conclusione della clausola compromissoria, la legge ammetteva, di regola, questa impugnazione. Il vecchio art. 829, co. 2, cod. proc. civ., civ. prevedeva infatti che “L’impugnazione per nullità [era] (…) ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equità, o avessero dichiarato il lodo non impugnabile“.
Alle stesse conclusioni, poi, si perviene in materia di arbitrato societario, dove muta soltanto la norma di legge che prevede l’impugnazione nel merito: non più il vecchio testo dell’art. 829, co. 2, cod. proc. civ., ma l’art. 36 d.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5; norma, quest’ultima, che ad avviso della Suprema Corte va interpretata nel senso che essa – imponendo la pronunzia secondo diritto, pure contro la volontà delle parti, quando il Tribunale arbitrale per decidere abbia conosciuto di “questioni non compromettibili ovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari” – nel contempo dispone la possibilità di impugnare, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, i lodi pronunciati in materia di validità di delibere assembleari o conoscendo incidentalmente di questioni non compromettibili.
Per concludere, questi sono i principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite: “In applicazione della disciplina transitoria dettata dall’art. 27 d.lgs. n. 40 del 2006, l’art. 829 comma 3 c.p.c., come riformulato dall’art. 24 d.lgs. n. 40 del 2006, si applica nei giudizi arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore del suddetto decreto, ma la legge cui lo stesso art. 829 comma 3 c.p.c. rinvia, per stabilire se è ammessa l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, è quella vigente al momento della stipulazione della convenzione d’arbitrato” (sentenze nn. 9284 e 9341, rese in materia di arbitrato di diritto comune); “In applicazione della disciplina transitoria dettata dall’art. 27 d.lgs. n. 40 del 2006, l’art. 829 coma 3 c.p.c., come riformulato dall’art. 24 d.lgs. n. 40 del 2006, si applica nei giudizi arbitrali promossi dopo l’entrata in vigore del suddetto decreto, ma nel caso di arbitrato societario la legge cui lo stesso art. 829 coma 3 c.p.c. rinvia, per stabilire se è ammessa l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia, è l’art. 36 d. lgs. n. 5 del 2003, che espressamente ammette l’impugnazione dei lodi per tali motivi” (sentenza n. 9285, resa in materia di arbitrato societario).
Mi sembra un articolo ben fatto in poche righe ha inquadrato i termini della questione.