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La Suprema Corte ha recentemente confermato il suo orientamento sul tema della circolazione della clausola compromissoria in caso di cessione di credito (Cass., Sez. I Civ., 14 giugno 2019, n. 16127, disponibile qui).
Mi ero già occupato in passato del tema (in questo post), ma attesa la sua estrema rilevanza pratica mi sembra opportuno ritornarci.
La giurisprudenza ha sviluppato un orientamento, che trova applicazione a tutti i casi di cessione di credito nascente da un contratto che contiene una clausola compromissoria, che consente al debitore ceduto di difendersi dal processo, prima ancora che nel processo.
Infatti, il cessionario non può invocare la clausola compromissoria nei confronti del ceduto, il quale però può sollevare eccezione di compromesso se il cessionario lo evoca in giudizio avanti il Giudice statale.
Questo orientamento è ormai consolidato (risale quanto meno a Cass., SS.UU., 17 dicembre 1998, n. 12616, disponibile qui) e, come accennato, è stato recentemente confermato dalla Suprema Corte.
Il caso in commento è estremamente complesso da un punto di vista fattuale. In estrema sintesi (e con una certa approssimazione) riguardava i rapporti tra una amministrazione comunale e un soggetto privato e i crediti di quest’ultimo che traevano origine da una concessione concernente un intervento di edilizia pubblica, che prevedeva una clausola compromissoria. Sopravvenuto il fallimento del concessionario, la concessione si era estinta per legge (art. 81 l.fall.); successivamente il ramo d’azienda che (a dire del cedente) comprendeva la concessione era stato ceduto a un terzo; ancora successivamente, venivano ceduti pure i crediti derivanti dal rapporto concessorio; il cessionario iniziava l’arbitrato previsto dalla concessione, ottenendo un lodo a sé favorevole; il lodo veniva impugnato dall’amministrazione comunale; la Corte di Appello accoglieva il gravame, ritenendo che la clausola compromissoria non fosse opponibile al debitore ceduto. Il cessionario ricorreva infine in Cassazione, ma senza successo, dato che ha visto riaffermato lo stesso principio: “ad avviso della richiamata giurisprudenza di legittimità, che questo Collegio condivide, il cessionario, per il solo fatto di aver acquistato il credito, senza il consenso del debitore, non può influire sull’accordo arbitrale, che continua a svolgere i propri effetti tra le parti originarie, sicché lo stesso non può avvalersi del patto compromissorio, rispetto al quale è terzo“.
In tale intricato contesto, una questione di estremo interesse era stata sottoposta alla Corte di Cassazione: se il soggetto, che sia cessionario dell’azienda ricomprendente il contratto da cui il credito è sorto (ma non del credito) e, per atto successivo, pure cessionario del credito, possa avvalersi della clausola compromissoria prevista dal suddetto contratto. Non abbiamo, purtroppo, una risposta poiché, nel caso di specie, il contratto contenente la clausola compromissoria non era stato in realtà ceduto. Dovremo quindi aspettare (e sperare) che la Suprema Corte (o qualche Giudice di merito) esamini in futuro la questione.