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Due diversi tribunali arbitrali ICSID, sulla base di diversi ragionamenti, sono giunti alla stessa conclusione: la pronuncia della Corte di Giustizia nella causa Achmea (disponibile qui) non enuncia principi che fanno venir meno, nelle vicende da loro esaminate, la giurisdizione arbitrale.
Mi riferisco al lodo reso nell’arbitrato 9Ren v. Spagna (disponibile qui) e al lodo parziale nell’arbitrato Rockhopper v. Italia (disponibile qui), rispettivamente del 31 maggio e 26 giugno 2019.
Iniziamo con il lodo 9Ren v. Spagna.
Si tratta di un lodo definitivo, che quindi affronta anche il merito (e condanna la Spagna a pagare un risarcimento di circa 40 milioni di Euro), nondimeno focalizzerò la mia attenzione sulla questione più interessante, che è quella relativa alla sussistenza della giurisdizione arbitrale.
In estrema sintesi, il tribunale arbitrale ha ritenuto sussistente la sua giurisdizione sulla base dei seguenti argomenti.
Innanzi tutto, la decisione della Corte di Giustizia nel caso Achmea non esprime un principio applicabile al trattato che veniva in considerazione nella procedura 9Ren v. Spagna. Il caso Achmea infatti riguardava un BIT intracomunitario (tra Paesi Bassi e Repubblica Slovacca), mentre nella procedura 9Ren l’azione era stata proposta sulla base dell’Energy Charter Treaty (ECT), che non è un BIT intracomunitario e vede come parti contraenti Stati comunitari, Stati extracomunitari e la stessa Unione Europea. Il tribunale arbitrale respinge quindi l’argomentazione proposta dalla Spagna, secondo la quale ci sono diverse categorie di Stati membri dell’ECT, che riconoscono agli investitori diverse tutele, e tra queste categorie ci sono gli Stati membri dell’Unione Europea, che non consentirebbero di promuovere un arbitrato ICSID. E la respinge con una motivazione tranchant: statuendo che questa argomentazione non ha alcun supporto testuale nelle disposizioni dell’ECT, né nella sentenza Achmea.
Il tribunale arbitrale soggiunge poi, così disattendendo gli ulteriori argomenti difensivi proposti dalla Spagna in punto giurisdizione, che non sussiste alcun conflitto tra le disposizioni dell’ECT e il diritto eurounitario, che quest’ultimo non ha in alcun modo modificato le obbligazioni assunte dalla Spagna in forza dell’ECT, che la giurisdizione del Tribunale arbitrale si fonda sulle disposizioni dell’ECT e non sul diritto eurounitario e che il Tribunale arbitrale ICSID, in quanto tale, non ha sede in alcuna giurisdizione nazionale e men che meno nell’Unione Europea.
Altrettanto netta è la posizione assunta dal Tribunale arbitrale nell’arbitrato Rockhopper v. Italia, che nel suo lodo parziale (sulla sola questione della giurisdizione) ricorda pure come sinora nessun altro Tribunale arbitrale abbia ritenuto insussistente la sua giurisdizione alla luce della sentenza Achmea.
Il Tribunale arbitrale nella procedura Rockhopper compie quindi una dettagliata analisi della sentenza Achmea e dei suoi passaggi più significativi, per giungere alla conclusione che i principi ivi enunciati sono di applicazione molto limitata, concernendo esclusivamente il BIT che veniva in considerazione in quella controversia (come detto, concluso tra Paesi Bassi e Repubblica Slovacca), e non potendo certo applicarsi all’ECT.
Anche in questo caso, la giurisdizione arbitrale è stata confermata e il giudizio prosegue nel merito.
Nel frattempo, pare che l’investitore vittorioso nei confronti della Spagna intenda procedere a esecuzione forzata negli Stati Uniti (qui la notizia), evidentemente per evitare opposizioni al riconoscimento del lodo e alla sua esecuzione, nello spazio giuridico europeo, che plausibilmente consisterebbero nella reiterazione avanti ai Giudici nazionali degli argomenti, tratti dalla sentenza Achmea, respinti dal Tribunale arbitrale.