Roberto Oliva

Nel precedente post ho esaminato una sentenza, resa in materia di arbitrato e restituzioni contrattuali, che trovo non corretta.  Questa sentenza infatti, sulla base di una ricostruzione dogmatica apparentemente ineccepibile, è giunta a conclusioni che, conformi alla giurisprudenza della Suprema Corte, mi sembrano però in contrasto con il favor arbitrati della nostra legge.

Ho quindi fatto una ricerca, in un ambito molto preciso, ma che ritengo molto significativo: quello delle domande ex art. 1669 cod. civ.: domande extracontrattuali, quindi, ma che sono connesse a un rapporto contrattuale.  E ho appurato che, in questo caso, taluni Giudici statuali affermano la competenza arbitrale (tanto hanno fatto la Corte di Appello di Catania, nella sentenza n. 820 del 10 aprile 2019, disponibile qui; e la Corte di Appello di Bologna, nella sentenza n. 2453 del 5 ottobre 2018, disponibile qui). E lo fanno nonostante un orientamento contrario della Cassazione (Cass. Sez. II Civ., 3 febbraio 2012, n. 1674, disponibile qui; e Cass., Sez. VI Civ., 15 febbraio 2017, n. 4035, disponibile qui).

L’art. 1669 cod. civ. prevede una particolare azione che può essere proposta nei confronti dell’appaltatore, che abbia costruito un edificio o altri immobile destinato a lunga durata, per lamentare la sua responsabilità, nei dieci anni dalla costruzione, in caso di rovina dell’edificio o gravi difetti.  Si tratta di un’azione che può essere esercitata sia dal committente sia dai suoi aventi causa e che la giurisprudenza maggioritaria qualifica come extracontrattuale anche quando esercitata dal committente.

Anche con riferimento alle azioni ex art. 1669 cod. civ. la Cassazione ribadisce il suo orientamento concernente, più in generale, il rapporto tra arbitrato e azioni extracontrattuali: in estrema sintesi, se la clausola compromissoria contenuta nel contratto non menziona espressamente le possibili azioni extracontrattuali connesse a quelle contrattuali, la competenza arbitrale si estende solo sulle azioni contrattuali.

Diversi Giudici di merito seguono l’orientamento della Cassazione (una ricognizione della giurisprudenza sul punto viene operata in un recente articolo: Di Girolamo, La potestas iudicandi degli arbitri in materia non contrattuale (anche, ma non solo, con riferimento all’azione del compratore ex art. 1669 c.c.), in Riv. Arb., 2019, p. 31 ss., disponibile sul sito academia.edu). 

Altri Giudici di merito ritengono invece (amicus Plato, sed magis amica veritas) che l’azione ex art. 1669 cod. civ. sia di competenza arbitrale anche in presenza di una clausola compromissoria che non la menziona espressamente. Ovviamente, nel caso di azione proposta dal contraente contrattuale (e non pure dai suoi aventi causa ex art. 1669 cod. civ.). Le pronunzie più recenti sul punto sono quelle sopra richiamate: della Corte di Appello di Catania dell’aprile 2019 e della Corte di Appello di Bologna dell’ottobre 2018.

La Corte di appello di Bologna era stata adita per impugnare un lodo arbitrale.  Tra i motivi di impugnazione, uno concerneva la pretesa incompetenza del Tribunale arbitrale a pronunziarsi su una domanda ex art. 1669 cod. civ.  Sul punto, con motivazione nella sostanza corretta, anche se purtroppo laconica (così laconica da far sospettare che la questione non sia stata consapevolmente esaminata), la Corte di appello rileva che, tra le questioni concernenti il contratto contenente la clausola compromissoria, vi erano pure quelle rilevanti ai sensi dell’art. 1669 cod. civ.  Non c’è dunque alcun motivo per escludere la competenza arbitrale sulle azioni ex art. 1669 cod. civ. proposte dalla parte contraente.

Una motivazione più estesa è contenuta nella sentenza della Corte di appello di Catania.  Anche in quel caso, si trattava dell’impugnativa di un lodo e anche in quel caso l’appaltatore soccombente aveva impugnato il lodo, tra l’altro, affermando l’incompetenza del Tribunale arbitrale a decidere di una controversia ex art. 1669 cod. civ.

La clausola compromissoria contrattuale era estremamente sintetica.  Essa prevedeva solo: “in caso di contenzioso le parti si rimettono al giudizio insindacabile di un collegio arbitrale“.

Sulla base di questa clausola, che non faceva riferimento a controversie di natura extracontrattuale, ma neanche a controversie di natura contrattuale, la Corte di appello di Catania ha ritenuto che la competenza arbitrale concernesse tutte le controversie che trovavano nel contratto contenente la clausola il loro presupposto storico.  E sulla base di questo ragionamento ha consapevolmente disapplicato i principi enunciati dalla Suprema Corte nella sentenza n. 4035/2017, più sopra richiamata.

L’auspicio è che queste sentenze, della Corte di appello di Bologna e di quella di Catania, siano il primo segnale di un cambiamento di rotta della giurisprudenza e di una maggior consapevolezza, da parte del Giudice statuale, del favor arbitrati previsto dalla nostra legge processuale, a mio avviso anche con riferimento all’arbitrato in materia non contrattuale.

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