Inesistenza della clausola compromissoria

Roberto Oliva

Un Tribunale Arbitrale con sede a Padova ha recentemente esaminato talune interessanti questioni con riferimento ad un’eccezione di incompetenza degli arbitri (il lodo, disponibile qui, reca la data del 21 gennaio 2020).

La controversia concerneva un preteso rapporto contrattuale tra una banca e una società, i cui termini erano contenuti in un accordo quadro e in un contratto di interest rate swap.

A dire della società, però, i suddetti documenti contrattuali non erano mai stati sottoscritti dal suo legale rappresentante e la firma ivi contenuta doveva pertanto ritenersi apocrifa. Conseguentemente, la società ha agito per ottenere la restituzione di quanto corrisposto alla banca in esecuzione di rapporti giuridici in realtà inesistenti.

L’aspetto interessante della vicenda è costituito dal fatto che la parte attrice ha invocato l’applicazione della convenzione di arbitrato contenuta nel contratto che, a suo dire, essa mai aveva concluso.

La vicenda è poi ulteriormente complicata dalla circostanza che, all’esito della consulenza tecnica disposta nel corso del procedimento, è emerso che effettivamente la firma apposta sui contratti contestati non era del legale rappresentante dell’attrice. La convenuta, che pur nulla aveva eccepito anche dopo il deposito della relazione peritale, nel momento in cui il Tribunale Arbitrale ha invitato le parti a esprimere la loro posizione, ha denunciato il difetto di competenza degli arbitri, in mancanza di una valida clausola compromissoria.

Il Tribunale Arbitrale è giunto a una conclusione che pare corretta, ha ossia affermato la sussistenza della sua competenza. Ciò ha fatto seguendo un percorso logico che presenta alcuni elementi che, sia pure non del tutto condivisibili, lasciano trasparire l’attenzione che è stata dedicata alla questione e la grande prudenza che ha ispirato gli arbitri.

In primo luogo, il Tribunale Arbitrale ha ritenuto di poter sollevare d’ufficio l’eccezione di invalidità della clausola compromissoria, a prescindere dunque da una tempestiva eccezione della parte convenuta ai sensi dell’art. 817 cod. proc. civ.

A tal riguardo, ha invocato l’autorità di Cass., Sez. I Civ., 8 ottobre 2014, n. 21215, che attiene però a fattispecie non del tutto sovrapponibile (nella vicenda decisa dalla Suprema Corte, questa aveva escluso che fosse incorsa nella decadenza di cui all’art. 817 cod. proc. civ. la parte rimasta contumace nel procedimento arbitrale e che quindi non aveva eccepito in tale procedimento l’invalidità della clausola compromissoria, impugnando invece il lodo ai sensi dell’art. 829, co. 1, n. 1 cod. proc. civ.).

Ha poi soggiunto il Tribunale Arbitrale che l’art. 817 cod. proc. civ. non riguarderebbe le decadenze e le preclusioni nel procedimento arbitrale, bensì quelle, in tesi diverse, concernenti i motivi di impugnazione del lodo.

Sembrerebbe in realtà preferibile la tesi che ritiene che “sia che la convenzione di arbitrato manchi del tutto (…), sia che sia nulla per vizio di forma, o annullabile (…) è sufficiente la mancata deduzione del vizio nei termini (…) per sanare il vizio” (così Salvaneschi, L’arbitrato, Bologna-Roma, 2014, p. 563).

Non pare che, nel caso di specie, venissero poi in rilievo le contrapposte teorie dottrinarie concernenti la natura, sostanziale o processuale, della suddetta sanatoria. La conclusione cui è pervenuto il Tribunale Arbitrale avrebbe dunque potuto essere raggiunta sulla scorta del rilievo della mancata tempestiva eccezione della parte convenuta.

Gli arbitri hanno invece, come detto, affermato di poter delibare il tema dell’invalidità/inesistenza della clausola compromissoria. E hanno ritenuto di non poter affermare l’invalidità di tale clausola, facendo applicazione al caso di specie di quanto disposto, in tema di nullità di protezione, dall’art. 23 TUF con riferimento al contratto sottostante. Si tratta di una soluzione che forse sacrifica eccessivamente l’autonomia della convenzione di arbitrato.

Seguendo invece una diversa – e a sommesso avviso di chi scrive, più interessante – argomentazione, gli arbitri hanno soggiunto che comunque la mancata sottoscrizione della convenzione di arbitrato da parte dell’attrice ben avrebbe potuto essere sostituita, così perfezionando l’accordo compromissorio, dalla produzione, da parte della stessa attrice, del relativo documento, accompagnata dalla dichiarazione di volersene valere, richiamando sul punto l’autorità di Cass., SS.UU., 12 febbraio 1985, n. 1168; Cass., 23 marzo 1963, n. 720 e Cass., 15 gennaio 1953, n. 105, oltre a Cass., 24 dicembre 1968, n. 4075 (relativa però quest’ultima al tema specifico della prescrizione di forma di cui all’art. 1341, co. 2, cod. civ. Anche per tale via, quindi, si perveniva ad affermare la competenza arbitrale).

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